FAI di primavera: alla scoperta di Casatenovo
Oggi sul blog ospitiamo Sergio, appassionato di arte, scrittura e viaggi, che ho avuto modo di conoscere tramite Twitter. In questo post ci parlerà dell’appassionante giornata che ha trascorso a Casatenovo, durante il weekend FAI di primavera. Ci darà particolari spunti artistici facendoci conoscere interessanti luoghi storici che vanno tutelati perchè patrimonio del nostro paese. Buona lettura!!
Il 23 e 24 marzo, in occasione del FAI di primavera, gli italiani hanno visitato 1100 luoghi di 403 località. Un’occasione per risvegliare la coscienza e contribuire alla tutela del patrimonio artistico e culturale del bel paese. Ricchezze piccole e grandi, note e ignote, di un paese unico al mondo.
Alla scoperta delle bellezze artistiche di Casatenovo in occasione del FAI di primavera
23 marzo, pomeriggio di primavera, assolato e moderatamente caldo, piacevole per camminare nelle vie cittadine prese d’assalto dagli appassionati d’arte e da chi, turista o meno, vuole trascorrere una giornata diversa dal solito.
Casatenovo, comune brianzolo in provincia di Lecco, apre ai visitatori lo scrigno dei suoi tesori. Merito del lavoro dei volontari FAI e dei giovani ciceroni che conducono le visite. Anche se lo stop è fissato troppo presto: alle 16.30 si chiude. E le code non mancano, con i conseguenti tempi di attesa.
Visita alla villa Casati Greppi di Bussero
Si comincia con villa Casati Greppi di Bussero. All’ingresso la guida informa il gruppo che non sono consentite riprese video-fotografiche per volontà della proprietà. Io però mi ero precedentemente appoggiato alla cancellata e con la mia compatta tascabile avevo scattato una foto. Segreto da custodire gelosamente.
La famiglia Greppi, nella persona di Giuseppe Greppi, l’acquistò nel 1853. Oggi è abitata e vissuta, almeno in parte. Vi si trovano anche una casa editrice e lo studio di un artista che produce lampade.
In un passato recente la residenza è stata impiegata per girare spot pubblicitari e scene di film. James Ivory, noto regista americano, ha effettuato le riprese di uno spot per Chivas Regal.
Al piazzale di ingresso si accede attraversando una delle tre arcate, a tutto sesto, che si riflettono nella vetrata sul lato opposto, nel corpo centrale della villa. Le colonne doriche sono avvolte da rampicanti. In questo momento l’immaginazione mi aiuta a pensare l’effetto della fioritura. Un cane di grossa taglia, per nulla infastidito dalla gente, zampetta alla ricerca di una carezza. E la trova con sorprendente regolarità. Infatti, la bambina del gruppo, una visitatrice in età scolare al seguito dei genitori, lo asseconda ad ogni passaggio.
Lo stile complessivo è neoclassico. Le linee sono sobrie ed essenziali. L’edificio risale al 1775 e ricalca la forma ad u di una masseria preesistente. Il corpo nobiliare è affiancato da due rustici laterali, più bassi, destinati alla servitù e ai contadini.
La masseria è rimasta inalterata da oltre due secoli. Veniamo condotti lungo scale con gradini irregolari e scendiamo al piano interrato. Non c’è illuminazione, il pavimento è sconnesso, i fili elettrici dell’inizio del secolo scorso sono a vista. La vecchia ghiacciaia usata per la conservazione dei cibi è semplicemente inaccessibile perché sorretta da ponteggi. C’è una vasca per la pigiatura dell’uva, enormi tini con i loro sostegni in pietra. La vasca è caratterizzata dalla presenza di una scultura dal significato apotropaico. Un aiuto contro la negatività.
Pare che fino a qualche secolo fa la campagna circostante vedesse l’estesa coltivazione della vite. Oggi non è più così.
Nella proprietà si trovano anche le stalle, oggi adibite a magazzino, una limonaia, oggi piccolo ricovero di utensili della vita contadina, e uno splendido giardino all’inglese. La padrona di casa ci accompagna in giardino e testimonia il ruolo dello stesso. Un pino bicentenario è stato da poco colpito da una tromba d’aria e menomato di alcuni rami, le siepi di bosso combattono con i parassiti, il bambù si è acclimatato e riprodotto, un tiglio è caduto e restano solo le radici.
Per ogni ulteriore informazione sulla villa consultare il sito web ufficiale.
Visita alla chiesa di Santa Giustina e ai suoi dipinti
Della chiesa di Santa Giustina esistono documenti storici che ne collocano l’origine al 1060, all’interno di una fortificazione di cui è rimasta solo una torre all’imbocco della via. Lo stile di riferimento è quello romanico testimoniato dal campanile, sebbene rimaneggiato nel XVI secolo.
All’interno i dipinti originali sono quasi interamente scomparsi. E’ rimasto qualcosa in uno dei due ambienti laterali. Affreschi interessanti, di autore ignoto, risalenti al XV secolo. Il tema principale è la Madonna con Bambino seduta sul trono. Il bimbo colpisce per la sua posizione eretta, sulle gambe della madre. Attorno si notano una schiera di santi.
I passaggi di proprietà hanno portato nell’arco dei secoli all’esecuzione di diversi interventi di valorizzazione. Il problema è l’interpretazione del concetto. I documenti rinvenuti raccontano di un restauro seicentesco. E’ in quel periodo che scompaiono la maggior parte degli affreschi, probabilmente staccati dall’intonaco e gettati. Appare addirittura una finestra in mezzo ad un affresco!
Sul pavimento, davanti all’altare, è situata una lapide funeraria. Originariamente appartenuta alla nobile famiglia lombarda dei Casati, con la funzione di cappella privata e luogo sepolcrale, attualmente è bene comunale.
L’amministrazione locale ha fatto sapere di avere intenzione di provvedere al restauro e messa in sicurezza dei suoi gioielli un po’ dimenticati, le chiese di Santa Giustina e Santa Margherita, con un sostanzioso contributo di Fondazione Cariplo.
Per ulteriori dettagli consultare il sito web ufficiale.